lunedì 9 dicembre 2013

La vera storia di Babbo Natale

di Brando il brownie


Cosa hanno in comune un santo cristiano, il dio Odino e un demone delle tribù germaniche? Forse proprio il simpatico omone dal viso rubicondo che in questo periodo troviamo raffigurato un po’ dappertutto.
Ma facciamo un po’ di ordine.

Nella gran parte dei paesi cristiani il personaggio di Babbo Natale viene affiancato alla figura di S. Nicola (Santa  Claus), vescovo del IV secolo originario della Turchia, che secondo una tradizione ritrovò e resuscitò cinque bambini uccisi da un oste, divenendo così il protettore dei pargoli. In molte aree d’Europa (in particolare  Paesi Bassi, Belgio, Austria, Svizzera, Germania, Repubblica Ceca, Slovenia e in parte dell'Italia nordorientale) viene ancora rappresentato con abiti vescovili (porporati, avete presente?) e la folta barba bianca.
Quel S. Nicola di Myra (città dell’Anatolia) è lo stesso santo che in Italia conosciamo come Nicola da Bari.
Da qui, le variazioni sono tante: San Nicola è il patrono della città di Amsterdam e della Russia. Nei Paesi Bassi, in Belgio e in Lussemburgo viene chiamato Sinterklaas (da cui sembra derivi il nome Santa Claus) e tradizionalmente porta i suoi doni il 5 di dicembre; qui troviamo un Babbo Natale differente, chiamato Kerstman (l'Uomo del Natale), che differisce da Sinterklaas.
In alcune aree delle Fiandre e del Belgio si festeggia invece S. Martino di Tours. Nei paesi ortodossi è frequente la figura di S. Basilio che porta i suoi doni ai bambini a Capodanno per quanto in Romania, ad esempio, esiste anche la figura di  Mos Craciun, identificabile col classico Babbo Natale.

Cosa succedeva, però, prima che il Cristianesimo infettasse ogni altra cultura? Il caro Babbo non esisteva?
Non proprio.
Come sempre accade, i paesi del centro e nord Europa sono inesauribile fonte di folclore in grado di dissetare chiunque ne abbia bisogno.
La tradizione norrena narrava che Odino una volta l’anno tenesse una grande battuta di caccia, accompagnato da altri dei e guerrieri caduti, nel periodo del solstizio d’inverno (e qui ci sarebbe da fare quattro chiacchiere sulla Caccia Selvaggia, ma questa è un’altra storia). In quella notte i bambini riempivano gli stivali con del fieno, o altri vegetali, per nutrire Sleipnir, il destriero del padre degli dei; Odino in cambio lasciava loro dolci e altri regali. Questa tradizioni è sopravvissuta in Belgio e Paesi Bassi sovrapponendosi alle tradizioni legate a S. Nicola. In questi luoghi il santo arriva ancora a cavallo e il suo aspetto di vecchio viandante si affianca alla perfezione all’iconografia di Odino.
Anche la tradizionale calzatura appesa al camino, affinché una forza benevola superiore la vada a riempire, è sopravvissuta al peso dei secoli. In Italia è uso tipico del 6 gennaio.
Le tradizioni delle popolazioni germaniche narravano anche di un sant’uomo alle prese con un demone malvagio, solito calarsi dai camini e uccidere nel sonno le sue vittime (a volte proprio bambini). Secondo il mito il sant’uomo cacciò, affrontò e sconfisse questo demone imprigionandolo con ferri benedetti e, secondo alcune versioni, obbligandolo a lavorare per lui opponendo alla sua vecchia pratica meschina quella benevola di calarsi nelle case e lasciare doni ai più piccoli. Alcune forme dello stesso racconto affermano che il demoni si convertì talmente tanto alla causa, da affiancarsi di elfi e folletti per svolgere al meglio l’ormai amato compito, diventando quindi proprio Babbo Natale.

In epoca moderna il personaggio di Babbo Natale ha subito ulteriori variazioni di stile.
L’evoluzione definitiva sarebbe da attribuire al linguista Clement Clarke Moore che per la sua poesia A Visit from Saint Nicholas (1823) rappresentò il santo come un elfo grassottello, barba bianca e vestiti rossi ornati di pelliccia, alla guida di una slitta trainata da renne e recante un sacco pieno di doni.
Nel 1862 l'illustratore Thomas Nast pubblicò sulla rivista statunitense "Harper's Weekly” un’illustrazione di Babbo Natale con giacca rossa, barba bianca e stivali.
Sembrerebbe invece errata la tradizione secondo la quale l’attuale immagine di Babbo Natale sia stata concepita dalla Coca Cola negli anni ’30, per pubblicizzare la sua bibita nel periodo natalizio, mutando i fino ad allora classici colori dell’omone da verde e bianco in rosso e bianco, per associarli proprio a quelli del prodotto.
Pare infatti che il tradizionale colore verde venne sostituito già dalla White Rock Beverages nel 1915 per la pubblicità di un’acqua minerale, e per la vendita di ginger ale nel 1923.
Infine, Babbo Natale apparve con i classici abiti rossi e bianchi in alcune copertine della rivista Puck già nei primi anni del 20° secolo; è quindi più probabile che Coca Cola abbia scelto la figura di Babbo Natale come testimonial proprio per la coincidenza cromatica con l’etichetta della bibita.

Quale che sia l’origine del simpatico e bonario vecchietto, a noi piace pensare che la sua figura immortale continua ad attendere, anno dopo anno, l’avvento del Natale in quel del Polo Nord (o Lapponia, fare voi) per lietare generazioni di bambini col dono dei sogni.

Nessun commento:

Posta un commento